Impegnarci per salvare il nostro pianeta non significa solo ridurre le emissioni, assumere un approccio sostenibile o aderire ad iniziative green. In questi anni, ci stiamo rendendo conto che quello che davvero non funziona è l’economia lineare. Lo spreco, in qualsiasi settore, non è più sostenibile. Ma quali sono le sfide aziendali richieste da un’economia circolare? Vediamole insieme.
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Letto da: Linda Grasso
Qual è la differenza tra un’economia circolare ed economia lineare?
Nei anni segnati dal boom economico, concetti come riciclo o riutilizzo non erano proprio contemplati. Le aziende aderivano ad un’economia lineare senza varare le alternative. Il processo era semplice: acquisto un determinato prodotto o servizio, lo utilizzo e lo smaltisco definitivamente. In questo caso, gli attori coinvolti puntavano al guadagno e alla comodità a scapito della sostenibilità ambientale.
Mentre le aziende, prima del boom economico, progettavano prodotti destinati a durare nel tempo con annesse campagne di marketing che si concentrano sulla loro longevità, ad un certo punto, c’è stato un cambio di rotta. Si è preferito optare per l’uso e getta. Non interessava più la lavatrice che durava 10 anni. Le aziende immettevano sul mercato prodotti ad un prezzo decisamente inferiore come inferiore era la loro qualità. Questo perché è cambiato anche l’approccio del consumatore che vuole rinnovare il modello in fretta. In pochi anni ,la qualità è precipitata e i margini di guadagno sono aumentati. Cosa non abbiamo preso in considerazione? L’impatto ambientale e sociale dell’economia lineare.
Oggi, non si parla d’altro che dell’emergenza climatica e della sofferenza del nostro pianeta ma anche della scarsità delle materie prime e della difficoltà di smaltimento dei rifiuti. La nostra coscienza ci sta spingendo a ragionare sul ciclo di vita dei prodotti e sull’economia circolare.
Ecco la definizione di economia circolare data dal Parlamento Europeo:
“L’economia circolare è un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile.”
Questo significa progettare un flusso green che partendo dall’estrazione delle materie prime, assicura un processo sostenibile in tutte le sue fasi, fino al ritorno alla versione più pura dei componenti di un prodotto.
Le fasi dell’economia circolare
Che l’economia circolare incida, in primis, sulla scarsità di materie prime è innegabile. Ma i suoi benefici, come vedremo in seguito, non si fermano qui. Tuttavia, quando i conti si fanno sul modello di business circolare il discorso cambia. Per le aziende, tale processo è sostenibile solo se il valore può essere recuperato economicamente dal prodotto.
In effetti, adottare un modello di business circolare significa modificare l’intero flusso di creazione, distribuzione e smaltimento di un prodotto.
Ecco una panoramica delle fasi dell’economia circolare:
- Il primo passo sostenibile riguarda le modalità di estrazione delle materie prime e la quantità impiegata;
- si passa poi alla fase di progettazione del prodotto che dovrà essere orientata al riciclo (Design for Recycling). Ovvero si scelgono prodotti e processi di produzione che possano essere recuperati o utilizzati per nuovi prodotti;
- in seguito si avvia la fase di produzione o di rifabbricazione;
- successivamente si scelgono i distributori che utilizzano mezzi di trasporto sostenibili;
- si comunica al consumatore, attraverso campagne di marketing mirate o un packaging esplicativo, come dovranno smaltire il prodotto;
- infine si definiscono i passaggi di raccolta, riutilizzo, riciclaggio, riparazione o smaltimento controllato dei rifiuti
In tutto questo processo, la digitalizzazione ha offerto alle aziende un valido supporto nelle varie fasi, andando a ridurre gli sprechi ed assicurando un monitoraggio e un controllo dell’intero ciclo di vita del prodotto.
Quali sono le sfide di un’economia circolare?
Se l’economia circolare è quella più consona a fronteggiare l’emergenza climatica, la scarsità di risorse e il miglioramento del benessere sociale, perché non tutte le aziende vanno in questa direzione? Perché il modello di business circolare richiede una trasformazione radicale. Alti investimenti, un coinvolgimento dell’intera catena di valore e un margine di guadagno più basso rispetto a quello garantito dalle iniziative volte alla sostenibilità.
Consapevole di ciò, la Commissione Europea ha redatto un nuovo piano d’azione per l’economia circolare diventato uno degli elementi cardine del Green Deal Europeo. Tanto impegno è legato all’affermazione di Frans Timmermans, Vicepresidente esecutivo responsabile per il Green Deal Europeo:
“Se vogliamo raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, preservare il nostro ambiente naturale e rafforzare la competitività della nostra economia, essa deve diventare pienamente circolare. Il nostro modello economico di oggi è ancora, per lo più, lineare: solo il 12% delle materie secondarie e delle risorse vengono reintrodotti nell’economia.”
In effetti il 12% è una fetta piuttosto bassa se pensiamo allo stato di emergenza climatica e ambientale degli ultimi anni.
Ma quali sono le barriere che rendono complessa la trasformazione?
- In primis ci sono i consumatori, sempre più abituati all’uso e getta o a desiderare modelli e tecnologie sempre più avanzate;
- inoltre, mancano gli esperti e le tecnologie collaudate nell’implementazione dell’economia circolare;
- così come spesso manca in azienda una cultura che esalti i vantaggi dell’economia circolare: in questo campo, serve più consapevolezza e/o la volontà di impegnarsi per affrontare un cambiamento tanto radicale;
- gli investimenti richiesti sono ancora troppo onerosi: ad oggi manca una redditività economica dei modelli di business dell’economia circolare;
- infine mancano politiche che supportino le aziende nella transizione verso l’economia circolare.
L'economia circolare rappresenta la soluzione per trasformare gli scarti in risorse da riutilizzare. Costruire un'economia senza sprechi, significa migliorare il futuro sociale e ambientale. Condividi il Tweet
I vantaggi di un’economia circolare
Le sfide, precedentemente evidenziate, si poggiano su un piatto della bilancia. Dall’altro lato, c’è il peso sempre maggiore dei vantaggi di un’economia circolare. Sebbene, i benefici di un modello economico circolare non siano immediati, il raggio di azione colpisce non solo la singola azienda ma l’intera società. Questo è un bene da un punto di vista etico e di responsabilità sociale ma meno vantaggioso da un punto di vista di ritorno dell’investimento che le aziende dovrebbero sostenere.
In effetti, la circolarità si ottiene, come abbiamo visto, andando ad agire su tutte le fasi del ciclo di vita di un prodotto. Per questo, l’adozione di un modello di business circolare è decisamente più semplice per le startup. Le aziende longeve hanno, infatti, profitti di lunga data da difendere o asset ad alta intensità di capitale per i quali devono massimizzare i rendimenti.
Tuttavia, i benefici ambientali sarebbero notevoli: dalla riduzione del consumo e, soprattutto, dello spreco di materie prime; alla minor pressione che l’economia eserciterebbe sull’ambiente. Si eliminerebbero gli sprechi e si cambierebbe rotta puntando nuovamente alla durabilità, all’innovazione, al riutilizzo e al riciclaggio. Questo permetterebbe una rigenerazione dei sistemi naturali a favore di una migliore sostenibilità ambientale.
Ad oggi i leader, che stanno adottando modelli di business circolare, puntano alla valutazione del potenziale di flussi circolari nella loro catena del valore esistente, selezionano le opzioni che possano incrementare tale valore.
Economia circolare: esempi di aziende che ci stanno provando
Sono poche le realtà produttive che, ad oggi, ci offrono esempi di economia circolare completa. In effetti, la maggior parte delle grandi aziende ha fissato obiettivi di sostenibilità ampi, ma poche hanno obiettivi di circolarità specifici. Ed ecco il proliferare di soluzioni ibride in cui, non è l’intero ciclo di vita del prodotto ad essere circolare, ma solo una parte di esso (quasi sempre la fase finale legata allo smaltimento). Ovvero il prodotto non viene progettato già con materiali o processi sostenibili ma si cerca di ridurre i danni legati allo smaltimento.
Il riciclo degli oggetti elettronici
La tecnologia avanza rapidamente e con essa anche i brand che producono cellulari, televisori o dispositivi elettronici in generale si affrettano a lanciare sul mercato l’ultima release di modelli che ormai durano qualche mese. I consumatori, incitati dal marketing, acquistano dispositivi nuovi anche se i vecchi sono perfettamente funzionanti. Questo consumismo esasperato danneggia notevolmente l’ambiente. Ci sono organizzazioni il cui obiettivo è proprio quello di prevenire la produzione di rifiuti elettronici attraverso la riqualificazione di prodotti inutilizzabili. Come? Recuperando il materiale informatico funzionante dismesso dalle grandi aziende. Il prodotto viene rigenerato e rimesso in vendita. Se ciò non è possibile, si ricuperano le singole parti come pezzi di ricambio.
Il riutilizzo di materiali inquinanti
Guardando invece al panorama internazionale, ci sono aziende tecnologiche che puntano al recupero della plastica presente negli oceani. Tale impegno si è tradotto, negli ultimi anni, in PC il cui hardware è realizzato con la plastica oceanica riciclata.
Che la vostra azienda sia pronta o meno ad accogliere un modello di economia circolare è importante essere consapevoli dell’ineluttabilità della scelta che, a lungo andare, dovrà essere fatta da tutte le organizzazioni. Non abbiamo un altro pianeta in cui trasferirci e i repentini cambiamenti ambientali degli ultimi anni ci stanno costringendo a riflettere sul da farsi per assicurarci la sopravvivenza futura.